ECCO PERCHÉ È COSÌ DIFFICILE VENDERE IL CATANIA: L’ANALISI

In una fase storica decisiva per quel che riguarda le sorti future del Calcio Catania, in cui si fa un gran parlare di cessione del club (lo abbiamo fatto e lo facciamo costantemente anche noi di cataniachannel.com), ci siamo voluti fermare un attimo a riflettere e analizzare gli aspetti meramente economici e debitori che riguardano la società etnea, soffermandoci su dati e numeri accertati e riscontrabili. La situazione appare allarmante! In questo senso la nostra redazione ha incontrato il giurista catanese Giuseppe Rapisarda, che segue da anni con attenzione le vicende rossazzurre, per interesse precipuamente professionale ma anche per la fede e passione che lo lega alla squadra dell’Elefante. Tutta questa analisi è partita da una giusta e imprescindibile considerazione: non è tuttavia così semplice poter vendere questa società.

L’approccio relativo alla possibilità di vendita del Calcio Catania, infatti, non può non partire dalla verifica che il prodotto sia oggi facilmente vendibile e/o commerciabile, attese le logiche di mercato che sono quelle della Lega Pro, torneo d’appartenenza del club. Il Catania, in quanto società per azioni, è controllato dalla holding Finaria. Così come la Wind Jet, a sua volta controllata dalla stessa holding. Cosa vogliamo far emergere? Già da tempo la compagnia aerea ha evitato la dichiarazione di fallimento accedendo alla procedura del concordato preventivo: questa facoltà, concessa dalla legge a un imprenditore che si è reso responsabile di una serie di inadempimenti contrattuali verso terzi e che versi in uno stato economico vicino all’insolvenza, prevede un piano di rientro con i creditori sotto la supervisione di un commissario appositamente nominato dalla sezione fallimentare, la quarta, del Tribunale Civile di Catania. Di recente, al fine di rafforzare le garanzie in ordine al piano di rientro, il commissario designato ha chiesto ulteriori impegni a Finaria S.p.a.; ciò detto per rendere chiaro quanto vi sia un preciso collegamento, appunto, tra Finaria, Wind Jet e Calcio Catania.

Ad oggi, quando si parla di vendita del club, bisogna assolutamente considerare cos’è accaduto alla situazione patrimoniale del Catania, provando ad analizzare le finanze del club rossazzurro: il Catania in Serie A, almeno sino alla stagione 2011/2012 – non stiamo parlando di certo di una vita fa – aveva un congruo attivo valutabile in oltre 20 milioni di euro. A distanza di 4 anni si registra, di contro, un passivo di circa 15 milioni di euro (dato ufficiale); va considerato che già l’anno scorso si era registrato un aumento del capitale sociale del Calcio Catania da 13 a 25 milioni di euro per ripianare perdite già avvenute di circa 11 milioni di euro. Dati questi che inchiodano per errate scelte di gestione l’attuale proprietà, con cui oggi qualunque compratore interessato all’acquisizione del club è chiamato a fare i conti. Inoltre il valore di Torre del Grifo, stimato nell’ultimo bilancio, è di circa 44 milioni di euro, mentre le rate di mutuo, siccome rimodulato col Credito sportivo, ammontano ad oggi a circa 22 milioni di euro con scadenza finale prevista per il 2032. Di fronte a queste cifre tipiche da fatturato di società di Serie A, si scontra la realtà di una società che milita in Lega Pro. Tanto per comprendere la questione, a fronte dei numeri “spaventosi” sopra richiamati, non vi sono entrate da diritti televisivi (per capirci Sky, Mediaset, Rai); marchio e prodotto d’immagine, rispetto all’appartenenza alla massima serie, risultano svalutati del 180%. E, inoltre, a fronte d’introiti che non superano nella migliore ipotesi 1,5/2 milioni di euro, qualunque società/proprietà che si raffronti con la piazza di Catania dovrà esborsare per una squadra competitiva in terza serie una somma – la stima è per difetto – non inferiore ai 5 milioni di euro.

Recentemente, il presidente neo eletto Davide Franco ha difatti ammesso che, azzeccando tutte le mosse giuste in Lega Pro, “il Catania potrebbe ambire a raggiungere il pareggio di bilancio (senza alcun utile) soltanto al termine del successivo campionato di vertice in Serie B”. Un acquirente, che sia messicano, svizzero o argentino, è chiamato, a fronte di un fatturato medio di 1,5 milioni di euro per un club della vecchia Serie C (come esempio ci atteniamo ai dati dell’ultima stagione dell’ACR Messina), è chiamato a investire una cifra quadruplicata per ottenere il massimo risultato, ovvero la promozione. Ed accollarsi, inoltre, anche i 15 milioni di euro di debiti a cui si aggiungono le rate di mutuo di Torre del Grifo, la cui singola rata di circa 2 milioni quando matura copre da sola i costi che ha dovuto affrontare il Foggia quest’anno per allestire una squadra che ha chiuso al secondo posto partecipando di diritto agli spareggi promozione.

Riassumendo tutto, si chiede al Vergara di turno di fare un operazione che comunque nei primi due anni sarà per forza di cose in perdita. Il punto centrale, quindi, non è quello di porre paletti o condizioni, bensì facilitare la compravendita del club etneo alla luce delle difficoltà oggettive di mercato sovra richiamate. Blasone, storia e piazza possono spingere un compratore ad un’operazione potenzialmente redditizia nel medio periodo, ovvero nell’arco di 3-5 anni almeno. Come ricordato sin dalla scorsa estate dagli osservatori più acuti, l’unica operazione possibile oggi è quella dell’accollo dei debiti a costo zero, poiché, come richiamato in sede di commento da Il Sole 24 ore, sarebbe più conveniente acquisire il marchio del Calcio Catania attendendo un non improbabile fallimento piuttosto che accollarsi una situazione finanziaria molto onerosa. Quest’ipotesi, però, dev’essere scongiurata a tutti i costi, altrimenti il rischio reale è la ripartenza dalla Serie D (come nel caso del Parma). Per competenze specifiche del dottor Davide Franco, il suo incarico va proprio interpretato nel senso di rendere commerciabile il prodotto per evitare il fallimento e facilitare la vendita del club. Va esclusa, dunque, la possibilità, per certi versi paventata dallo stesso Franco, di poter rappresentare un rilancio con ambizioni importanti con la stessa dirigenza o proprietà. Il presidente rossazzurro, noto amministratore giudiziario presso il Tribunale di Roma, deve rilanciare innanzitutto Finaria – che è il nodo centrale di tutta la vicenda – e tagliare i rami secchi, al fine di rendere invece produttivi i rami di attività, tra i quali il Calcio Catania, che gode di un forte radicamento sociale, la cui vendita è momento strategico fondante della holding Finaria, nell’ambito della ristrutturazione resasi necessaria.

In quest’ottica va sottolineato che l’eventuale mancata cessione del Calcio Catania S.p.a. non sarebbe dovuta all’assenza di acquirenti ma piuttosto al disastro gestionale posto in essere da Nino Pulvirenti, attraverso scelte profondamente sbagliate e reiterate (vedi la riconferma di Pablo Cosentino poco prima dello sconquassamento derivato dall’operazione “I treni del gol”). A riprova di ciò l’attuale a.d. del Catania, Pippo Bonanno, ha espressamente ammesso che al suo ritorno ha trovato il Catania sull’orlo del fallimento. Quindi, l’ammissione era già venuta dall’interno.

L’auspicio quindi non è soltanto quello di trovare i compratori, ma piuttosto che il Catania sia, ad oggi, vendibile!

 

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