UNA SCONFITTA DA CUI IMPARARE

Abbandonarsi ai necrologi tipici del pessimismo post sconfitta?  Stavolta non è il caso. Non  è possibile farlo perché la ormai (tristemente) consueta sconfitta in terra lucana, ha portato qualche nube in casa etnea ma anche qualche spiraglio di luce che fa ben sperare. Un’analisi puntuale non può prescindere da un dettaglio macroscopico: già nei minuti iniziali il Potenza aveva ben più chiaro dei rossazzurri quale sarebbe stato lo spartito della gara. Chiudersi a riccio e poi sfruttare gli spazi che i due esterni bassi rossazzurri, a turno, avrebbero lasciato nell’accompagnare la manovra offensiva.

Dato immaginabile e che era stato pronosticato dallo stesso Camplone nella conferenza stampa pre-gara. E invece, non tutto forse, è andato come da programma. A quel punto, non riuscendo a mettere una pezza a quella piccola- e allo stesso tempo non trascurabile- falla difensiva, il castello di carte rossazzurro è incominciato a crollare. Ogni passaggio sbagliato, ogni pallone, ha iniziato a pesare come un macigno troppo grande per passare tra le maglie strette della difesa potentina. Difesa in cui, a onor di cronaca, sarebbe stato difficile introdurre anche uno spillo. Risultato? Errori in costruzione e qualche imprecisione hanno quasi sempre portato l’avversario a tu per tu con Furlan. E pure con una semplicità sconvolgente.

Attendere il calo fisico dei padroni di casa, fisiologico oltre che facilmente prevedibile, sarebbe stato auspicabile in condizioni di parità. Aspettare, lasciare il risultato in bilico per poi ferire al momento giusto, il piano da mettere in atto. E invece si è cercato di ritrovare hic et nunc un bandolo della matassa già intricato per via della girandola di infortuni dei difensori, persistendo alla ricerca di spunti offensivi, pur sapendo che in caso di errore il ritorno avversario sarebbe potuto essere devastante.

La sorpresa è stata anche l’impreparazione di alcuni singoli che potevano, anzi dovevano, fare di più e che invece sono rimasti claudicanti (forse un po’ di affaticamento?) in balia degli avversari. Curiale non è stato messo – né ha lui stesso mai creato i presupposti- per rendersi pericoloso; Dall’Oglio è sembrato un gladiatore disorientato e soffocato tra la matassa di maglie “nemiche”; così come Di Molfetta, Saporetti, Pinto, Sarno e via tutti gli altri, solo i lontani parenti dei calciatori visti qualche partita fa.

Eppure i ragazzi si sono impegnati e le loro qualità, sul finale, sono pure saltate fuori. Dopo l’azione clamorosa sbagliata da Curiale, Lele Catania, seppur infortunato, era riuscito a bussare per ben due volte alla porta difesa da Ioime. Il pallone ha incominciato a girare e forse con qualche colpo in più in canna e qualche infortunato in meno, la gara sarebbe potuta andare per il verso giusto.

Lo spiraglio di luce, nel buio di Potenza, è stato comunque vedere il Catania provare a fare gioco per 90 minuti, a volte riuscendoci a volte no. Sbagliando, ma giocando.E non è poco. In queste sconfitte impari sempre qualcosa, perché le fondamenta tattiche non sono mai crollate a dispetto della situazione di difficoltà. Per non parlare di un Mbende che da “non pronto” ha sorpreso tutti disinnescando la maggior parte dei palloni che entravano nella sua area di competenza.

Anche questo non è poco.

Simone Caffi

(Fonte immagine: calciocatania.it)

 

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