TI RICORDO ANCORA – SPINESI È MEGLIO DI TREZEGUET

La storia per cui Spinesi fosse meglio di Trezeguet va raccontata per forza. C’erano tutti quei ragazzini di terza media che ogni lunedì parlavano della giornata di calcio e col Catania in Serie A non potevano mica evitare di commentare la partita dei rossazzurri. Difficoltà su difficoltà, perché Baldini ci aveva ormai condannati a soffrire domenica dopo domenica e onestamente non se ne poteva più. Poi se quelli che ne discutevano erano bimbi delle medie, ecco che chi giocava andava incontro al massacro senza che gli fosse concessa ancora di salvezza alcuna, statene pur certi.

Non so se avete la più pallida idea di quanto possa essere crudele un bambino quando parla di un giocatore che non ha fatto gol il giorno prima. Io me lo ricordo bene, perché passavo tutti i lunedì a difendere il mio attaccante preferito. Tra l’altro mica riuscivo a spiegarmi il motivo per cui dovessi farlo, però ormai era diventata la mia battaglia personale: per me il Bomber era intoccabile.

I miei compagnetti di scuola erano semplicemente degli sciocchi, in verità non capivano niente di pallone: soltanto perché Spinesi quell’anno non riusciva a segnare con continuità, allora potevano essere giustificati nel dimenticarsi di chi fosse? Fino a quel momento contava 40 reti in due campionati: 23 in B, 17 in A e record personale come miglior marcatore in una singola stagione col rossazzurro indosso nella massima serie. Una promozione storica e una salvezza commovente, entrambe a suon di gol (I SUOI GOL)! Suvvia una flessione in termini realizzativi poteva pure essergli concessa…

Ma tu guarda un po’: non bastavano già i giornalisti a dare noia ai calciatori, anzi per giunta si trattava di professionisti che dovevano preoccuparsi persino del giudizio di quattro marmocchi a cui importava soltanto delle apparenze. Appunto, quelle stupide apparenze secondo le quali Spinesi non poteva essere migliore di Inzaghi o di Trezeguet per il semplice fatto che a differenza loro avesse giocato sempre in provincia e non al Milan o alla Juventus. Eppure faceva gol da ogni parte, in ogni modo, perché sentiva la porta proprio come quei due, mica c’erano dubbi.

Bombardiere innato, stacco di testa imperioso, destro potente che spaccava tutto. Centravanti completo, perché diciamocelo chiaro, chi gioca al centro dell’attacco deve solo saper fare gol e proprio Gionatha ci riusciva benissimo: gli bastava posizionarsi fra le maglie avversarie nel bel mezzo dell’area di rigore e poi appena gli arrivava un pallone giocabile ecco che lo trasformava in un urlo di gioia. Ne aveva messi a segno talmente tanti che ricordarli tutti adesso è impresa ardua, però ce ne sono stati molti dal tasso tecnico per niente facile. E quando si pensava a qualcuno di tecnico, ai più venivano in mente i vari Mascara, De Zerbi, Colucci o Martinez. Quindi tanto di cappello al 24 della storia.

Quel gol alla Cremonese resta ancora impresso nelle menti rossazzurre: l’accorrente Sabato recuperò un pallone mezzo mancato da Baiocco, cross dalla fascia sinistra per la sua testa, impatto col pallone devastante e tripudio al “Massimino”. Sbatteva le ali il Gabbiano, librandosi in volo come se la forza di gravità nemmeno esistesse. Spettacolo puro per gli occhi di chi l’ammirava dal vivo. Ne faceva parecchi così, sospendendosi in aria e scaraventando la palla in rete con una veemenza bestiale, tant’è che addirittura i portieri spesso si spaventavano di lui. Contro l’Udinese ne realizzò un altro incredibile: rimpallo sulla trequarti, sfera che restò ferma lì, cross d’esterno e di prima intenzione da parte di Colucci… mentre fu ancora Gionatha a svettare più in alto di tutti, sovrastando il malcapitato di turno che lo marcava, così da far scendere giù tutto lo stadio. Peraltro il bello è che potesse sparire dal campo anche per ottanta minuti abbondanti, tanto sarebbe comunque spuntato dal nulla e all’improvviso avrebbe fatto vincere la partita ai suoi. Ineguagliabile in questo.

Ma il suo repertorio non finisce qui: impossibili da dimenticare i tiri al volo che compiva. Catania-Crotone 3-2, rimonta da pazzi, in mezzo quel destro prorompente che non lasciò scampo alcuno agli avversari: Mascara lo servì caparbiamente e lui diede una botta da orbi al pallone. Dapprima ci fu la perla contro l’Atalanta, quando realizzò i suoi primi tre gol in rossazzurro, di cui il secondo fu un vero e proprio capolavoro: assist del solito Mascara e in volée mise la palla sotto il sette.

Ancora gol e quanti gol. Ci fu quello a dir poco meraviglioso sul neutro di Bologna, quando bucó nientepopodimeno che Nelson Dida: scodellata in mezzo di Sardo, testa di Mascara a prolungare la traiettoria del pallone sul sinistro devastante di Spinesi che non diede scampo a nessuno. Gli piaceva tanto segnare alle grandi, perché oltre all’ennesima inzuccata contro i Diavoli rossoneri l’anno dopo al vecchio Cibali, ci fu inoltre un’altra botta inferta al Milan, direttamente alla Scala del calcio, durante la  gagliardissima Coppa Italia del 2007, quella della cavalcata trionfale verso la semifinale: lancio quasi no look di Topolinik e tiro potente a prendersi gioco di Kalac.

Parlavamo di grandi? Sì, chiedere per informazioni ad un certo Gigi Buffon, altra vittima di Gionatha da Pisa, battuto senza troppe remore in una partita piena di polemiche contro la Vecchia Signora: traversone di Mascarinho e girata al volo lì dove il numero uno dei numeri uno poté soltanto limitarsi a recuperare il pallone ormai depositato in rete.

Ma non erano soltanto quelle le partite importanti, anzi se c’era bisogno di dimostrare di essere forti quando necessitava vincere, ecco che il Catania non faceva altro che aggrapparsi al suo cannoniere. Probabilmente il boato più sradicante mai verificatosi al “Massimino” l’aveva causato proprio lui nel giorno della promozione: venne pescato da Baiocco al centro della difesa della povera Albinoleffe, per poi dare una capocciata forte e decisa alla palla, che il portiere non riuscì assolutamente a trattenere. Esplosione di una città intera, bramosa di vittoria, straripante di giubilo: in poche parole un parossismo di felicità per il pomeriggio che valse la Serie A.

Ma da cosa si riconosceva che Spinesi fosse nato per il gol? Semplice, da come calciava i rigori: spesso e volentieri prediligeva la botta centrale, senza troppi complimenti, giusto per togliere ogni dubbio circa l’esito dell’esecuzione; a volte invece la piazzava verso l’angolino destro della porta, intento a beffare l’estremo difensore, che puntualmente ci cascava come un mammalucco. Insomma, proprio su quello faceva scuola e doposcuola, soprattutto a Trezeguet: a quest’ora mica saremmo stati campioni del mondo quella notte di luglio!

Cross in mezzo, c’è Spinesi. Si erge in alto, ha fatto gol. Corri, corri… andiamo ad esultare con lui.

Federico Fasone

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