Quel che resta del Catania

La stagione sportiva 2014/15  sta volgendo al termine, ormai è tempo di bilanci e le copiose nuvole che si addensavano a Torre del Grifo,  non facendo presagire niente di buono, hanno lasciato il posto ad una primavera che ci schiarisce tutto, anche le idee. A fine stagione, ci appare dunque tutto più chiaro. La società si appresta a concludere un biennio disastroso, che addirittura avrebbe potuto avere esiti ancor più negativi. La doppia retrocessione, infatti, è stata per molti tratti dell’attuale stagione, un incubo che ha coinvolto migliaia e migliaia di tifosi.

L’interrogativo che si pongono tifosi ed addetti ai lavori, è volto a capire come una società che  solo tre anni fa aveva toccato il suo apice, raggiungendo l’ottavo posto in serie A, sia retrocessa e addirittura abbia rischiato un’altra capitolazione.  Le cause e gli errori commessi sono da attribuire a chi il giocattolo lo ha  gestito  e amministrato, vale a dire al presidente Pulvirenti e all’amministratore delegato Pablo Cosentino. I massimi dirigenti, coloro a cui sono spettati pochissimi onori e troppi oneri.

Tra gli errori più significativi che hanno caratterizzato sia la scorsa stagione che l’attuale, vi è quello di aver peccato di presunzione e, probabilmente per molti, di incompetenza. Lo sterile mercato di Gennaio della scorsa annata, aveva  di fatto sancito la retrocessione del Catania ed  i tifosi delusi ed amareggiati, nonostante tutto, hanno voluto dare ugualmente un’altra chance alla società. L’attuale stagione nella serie cadetta,  iniziata con i favori del pronostico, ha preso le sembianze di una montagna russa, fatta di discese e risalite.

Il valzer di allenatori, che ha visto succedersi Pellegrino, il fedele di casa Catania, l’amato Sannino in rotta di collisione con la società e poi, dopo un’altra breve parentesi targata Pellegrino, l’avvicendamento di Marcolin, per molti considerato non proprio uno stratega, ci svela quanto contorta sia stata questa stagione.

In mezzo a questa giostra il caso Ventrone, più unico che raro,  ha causato l’allontanamento di Sannino.  Così in molti si sono chiesti, chi fosse Ventrone, che ruolo avesse all’interno della società, perché sia stato difeso in maniera così estenuante da Cosentino. La risposta rimane ancora un mistero, ma il suo licenziamento ha giovato alle sorti del Catania, che è stato rimesso in piedi dal Prof. Neri, ex uomo di fiducia di un certo Fabio Capello, non di certo l’ultimo arrivato.

Un altro errore significativo è stato quello di aver sancito una scissione tra tifoseria e società. Nel momento più duro della stagione, mentre i sostenitori cercavano risposte e smentite, la società si è arroccata nel suo castello di silenzio, dando adito a manifestazioni e cortei che hanno segnato indelebilmente una dicotomia tra pubblico e dirigenza. Una secessione senza precedenti,  i tifosi ormai non vogliono più quel presidente che per otto stagioni ha guidato il Catania in A, poiché stanchi e sfiduciati.  Il pirotecnico mercato di Gennaio, infatti, non è bastato a risollevare le sorti del Catania e la salvezza a tre giornate dalla fine, non è ancora stata matematicamente raggiunta.

Quel che resta del Catania oggi è una squadra rivoluzionata.  Gran parte dei giocatori precedenti sono andati in prestito o sono stati ceduti mentre il patrimonio del Catania, adesso, è rappresentato dai gioielli di casa: parliamo di Calaiò , Rosina, Maniero, Castro, Gillet, Del Prete, Sciaudone, Mazzotta, Martinho e altri validi calciatori.

Molti sono ancora i nodi da sciogliere, dalle possibili voci di un cambio di presidenza, alla scelta del nuovo allenatore.  Invece, alla luce delle vicissitudini che hanno caratterizzato questo campionato, quel che resta del Catania oggi sono sicuramente i suoi tifosi, vera linfa del calcio catanese.

Adriano Nicosia

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