LO MONACO E IL CATANIA: UNA FERITA ANCORA APERTA

Torna a parlare e a far parlare di sé Pietro Lo Monaco, ex amministratore delegato del Calcio Catania, protagonista assoluto di una gestione idilliaca negli anni di Serie A. Il direttore si è reso protagonista di un racconto che riesce a far venire ancora la pelle d’oca ai più nostalgici e ad infondere la speranza che un giorno possa tornare a Catania.

Pietro Lo Monaco espone le sue idee ed i suoi ricordi col suo solito modo di fare intriso di sicurezza. Parla molto fra le righe, facendo passare messaggi chiari e concisi. La cosa certa, però, è che Catania rappresenti una ferita ancora aperta per lui.

Il suo racconto inizia proprio da dove era finita la sua storia col Calcio Catania: “I motivi del mio allontanamento non li ho mai detti e mai li dirò. Posso confidarvi solo che per restare a Catania feci una scelta di vita, rinunciando persino ad una grande squadra. In molti mi dicono che quando Roma e Milan venivano a Catania si tremava, mentre adesso si fa la partitella del giovedì. I tempi sono cambiati e molti giocatori sono passati dalle mie mani, ma io preferisco ricordare lo zoccolo duro di quella squadra che negli anni si era radicata nel territorio e giocava con passione. Avevo un alto senso d’appartenenza per la mia squadra. I calciatori sono dei privilegiati e secondo me devono anche imparare a fare dei sacrifici, ecco perché mandavo delle ronde in giro per vedere se fossero in discoteca.”

Lo Monaco espone anche la sua idea di calcio attraverso due fondamentali capisaldi: “Per me siete tutti uguali, l’unico leader è l’allenatore; guai a chi vi tocca, la società vi proteggerà sempre, ma da voi pretendo l’anima.”

L’ex presidente del Messina si esprime chiaramente sull’attuale drammatica situazione del club etneo: “Ciò che è stato distrutto non è tanto il patrimonio, ma l’ideologia. Ad esempio quando Simeone si presentò in pantaloncini a colloquio con la dirigenza, io lo mandai a cambiarsi. Chi ha capito il rispetto, allora è parte integrante del progetto. Oggi invece c’è un altro modo di fare e  non si pensa più ad una verità assoluta: chiunque venga a giocare a Catania, affronta un’intera città.”

Infine il direttore espone anche le sue idee su Pulvirenti e sulla presunta volontà di cedere la società, mandando un messaggio forte e chiaro: “La proprietà non vuole vendere. Le società di Lega Pro valgono zero e non si può chiedere una fideiussione bancaria pari a 100 milioni di euro. So di un gruppo importante che ha fatto dei tentativi, ma questa assurda richiesta lo ha fatto ritirare. Torre del Grifo è da sempre un patrimonio, diverso dagli altri centri sportivi perché pensato diversamente. Potrebbe mantenersi da solo in quanto incassa due milioni di euro l’anno, gli stessi che andrebbero a soddisfare le rate del Credito Sportivo. I soldi investiti sono pari a 56 milioni di euro, di cui 28 di Credito Sportivo. Il Catania ha pagato tutti i fornitori. Chi decidesse di investire dovrebbe avere risorse e dovrebbe crederci innanzitutto. In Italia fino alla Lega Pro bisogna tirare fuori i soldi, in Serie B se sei bravo fai 0-0, mentre in Serie A puoi cominciare a guadagnare qualcosa. Il Catania aveva fatto quasi 70 milioni di plusvalenze, non so se è chiaro. L’ultima cosa che vorrei dire è riferita al primo Pulvirenti, quello con cui ho lavorato io, completamente diverso dall’ultimo. Faccia un ultimo atto d’amore verso questa città: venda il Catania così come si trova.”

Federico Fasone

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