CHI DI SPERANZA VIVE…

Il Catania visto a Pagani è lo specchio di un’intera stagione e l’incarnazione di un antico detto che recita “chi di speranza vive, disperato muore”. Esattamente così, un Catania che da mesi va avanti di speranza: si sperava in una riduzione della penalizzazione, si sperava di fare punti più punti possibile, si sperava addirittura di raggiungere la zona play-off ad un certo punto della stagione. E invece ecco un Catania che, alla penultima giornata, rimane solo con la flebile speranza di poter evitare i play-out, in quanto non sia più padrone del proprio destino.

La responsabilità di questo disastroso esito è da ricondurre a due figure: la società, che da qualche anno a questa parte ha fatto errori che hanno solamente portato a due retrocessioni di fila (sperando che la terza, alla fine, venga evitata), e la squadra, composta da giocatori apparentemente svogliati. Sì, perché i ragazzi che avevano iniziato alla grande questo campionato di Lega Pro, nel giro di poche settimane hanno perso la voglia e la cattiveria agonistica con le quali era stata annullata l’iniziale penalizzazione in sole tre giornate.

Così a Pagani si è toccato il culmine di una serie di prestazioni oramai solite, viste e riviste. Zero cattiveria, zero agonismo e nessuna voglia di mangiarsi il campo, o almeno questo è ciò che appare agli occhi di chi, con speranza, segue e sostiene il Catania. Da una squadra che schiera nomi blasonati, che rappresenta una città importante e una società dalla pluriennale esperienza nel calcio che conta, ci si aspetterebbe un atteggiamento diverso da quello visto fin qui; ci si aspetterebbe di vedere giocatori che, col coltello tra i denti, aggrediscano gli avversari in ogni fazzoletto di campo. E invece il Catania visto in una sfida fondamentale come quella contro la Paganese, era scialbo e soporifero. Calil, il capitano che dovrebbe prendere per mano la squadra e dare l’esempio, ha toccato un solo pallone, sbagliando addirittura un tap-in vincente e senza mai attaccare il portatore durante la fase di non possesso; stesso atteggiamento è emerso dagli uomini del centrocampo che, oltre ad un inesistente pressing, si sono fatti notare per la scarsa precisione palla al piede e per gli sprint pari a zero. La difesa a Pagani si è salvata, ma per il semplice fatto che gli avversari non abbiano attaccato, concludendo raramente solo dalla distanza. A proposito, evitare che un avversario possa concludere indisturbato dai 20 metri è la prima regola del calcio.

Sabato scorso, l’unica fortuna – se così può essere definita­ – è che la Paganese abbia palesemente giocato per il pareggio, con cui ha guadagnato la salvezza aritmetica. Ora, l’unica possibilità che ha il Catania è vincere l’ultimo match e sperare che una tra Monopoli e Catanzaro non faccia altrettanto. Solo così si potranno evitare gli spareggi salvezza, ma chi di speranza vive…

Giuseppe Mirabella

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