CAPRO ESPIATORIO? NO, GRAZIE
Ed ecco che puntualmente il corso dell’anno consegna al calendario l’atteso avvento della bella stagione, quell’attesa primavera, evento naturale e automatico, che segue il regolare ciclo delle fasi della vita. Tanto naturale e automatico, come la spasmodica ricerca della testa di qualcuno, generalmente l’allenatore, quando alle pendici dell’Etna, il progetto calcistico non va alla perfezione, e addirittura anche meglio.
Ormai un’abitudine, e diciamolo, anche brutta. Meno di 8 mesi fa il futuro stesso della società era in bilico, ad un passo da un inesorabile ed eclatante fallimento, con tanto di salvataggio riassumibile nel più classico dei “presa per i capelli”, che ad oggi sembra tutto dimenticato. Si è costruita una squadra in fretta e furia, e se dire improvvisata è ingeneroso, affermare una fisiologica scarsa programmazione è innegabile. A costo zero. Sembra un dettaglio quasi di secondo piano, di contorno, ma a quanto pare vale la pena rammentarlo. Un Catania che si è trovata per ovvie ragioni a giocare porte chiuse, come tutte, ma per buona parte della stagione non ha nemmeno avuto a disposizione il proprio campo, la propria casa, disputando svariate gare “interne” a Lentini. Un Catania che, se per caso qualcuno se ne fosse dimenticato, è nel bel mezzo di un passaggio societario di portata transcontinentale, e che dura ormai da novembre, e che se per noi addetti ai lavori è la ghiotta occasione per avere una bella telenovela da narrare, forse dalla prospettiva di spogliatoio, comprensiva di calciatori e staff, non sarebbe fuoriluogo alimentare un minimo sospetto che magari non lo sia affatto. In tutto ciò la squadra si trova al 5° posto in classifica. Ed è davvero un autentico schifo questo attuale 5° posto, alla luce della rosa a disposizione, e del contesto che da luglio fa da protagonista su tutto l’ambiente? È davvero da conclamare il fallimento tecnico-gestionale? Davvero è il caso di disquisire di un Catania così sotto le aspettative da pronunciare irrevocabilmente fallimento già a marzo?
In tutto questo c’è una persona che da giorno 14 agosto 2020 è da sola. Si chiama Giuseppe Raffaele. Le uniche due spalle che, tutta questa situazione, l’hanno dovuta sorreggere e portare, e sì, anche mascherare, come se nulla al di fuori del rettangolo verde stesse accadendo. In assoluto silenzio. Già messo sulla graticola nelle prime fasi della stagione, ha saputo rialzare le sorti di una squadra facendo anche illudere potesse fronteggiare le prime della classe. Illusione, appunto. Inutile andare ad elencare i motivi per cui il paragone con Ternana, Bari e Avellino è impensabile. Certo, il mister avrà certamente anche le sue responsabilità, di natura tecnica, tattica e di qualsiasi altro genere, ma d’altro canto, davvero va chiesta la sua testa per via di responsabilità che, ad oggi, hanno la conseguenza di non giocarsela con quelle tre davanti?
In tutto questo, mai una parola di fiducia, mai un esporsi in maniera netta per consolidare la posizione del tecnico. Anzi, proprio di ieri la querelle a distanza fra l’ex capitano rossazzurro Marco Biagianti, e il direttore Sportivo Maurizio Pellegrino, che ha affermato come sarebbe stata una scelta tecnica di Raffaele, quella di determinare l’addio dello stesso Biagianti. L’ex numero 27 ha affidato ai social una risposta al vetriolo, invitando il direttore ad assumersi le proprie responsabilità e non addossare, come se ce ne fosse bisogno specie in un momento così, ulteriori “colpe” a Raffaele. Non è di certo il momento di affrontare i retroscena della vicenda della mancata conferma di Biagianti, così come non era il momento di accostare al tecnico una vicenda tanto delicata e tanto sentita per il popolo rossazzurro, con l’effetto di ampliare il sentimento di diffidenza verso il mister.
Si diceva che da queste parti le cose erano cambiate, e che certe dinamiche andavano messe alle spalle, e ciò vale per tutti. Basta con queste sensazioni di fiducia a tempo, di “chi va là” in attesa del prossimo passo falso, pronti ad assaltare il capro espiatorio. Basta con la caccia alle teste, non c’è nessuna testa da cacciare. C’è un progetto tecnico, che in quanto tale coinvolge tutti, a cui si crede o non si crede, ma che lo si faccia fino alla fine. Non cade mai solo l’allenatore, perché se così fosse, Cristiano Lucarelli non sarebbe a Terni alla guida di un carro armato invincibile. O si va avanti, tutti ed insieme, oppure ad affondare sarà sempre e solo il Catania.
Gabriele Di Mauro
Foto: calciocatania