AIC ONLUS E UNICEF INSIEME AL CALCIO CATANIA
Oggi Torre del Grifo è stata la protagonista di una bella e importante iniziativa di beneficenza, a cui il Calcio Catania ha deciso di aderire e contribuire: un camp di una settimana offerto a ragazzi extracomunitari organizzato dalle associazioni AIC ONLUS e UNICEF. Infatti, da lunedì 24 a venerdì 28 settembre, il Centro Sportivo del Calcio Catania “Torre del Grifo Village” ospiterà un camp speciale organizzato e sostenuto da AIC ONLUS con UNICEF Italia. Un percorso sportivo-educativo di cinque giorni che coinvolgerà 50 minori (tra stranieri non accompagnati e ragazzi del territorio).
Le attività proposte dallo staff del Dipartimento Junior AIC seguiranno, come sempre, il modello formativo dell’Associazione Italiana Calciatori che valorizza il calcio come strumento di crescita per il ragazzo.
Grazie alla collaborazione di UNICEF Italia, parteciperanno alle attività anche cinquanta operatori ed educatori dei centri di accoglienza del territorio. Lo staff AIC li formerà sul corretto approccio al gioco del calcio e sulle competenze tecniche ed emotive, al fine di aiutare i minori a superare, attraverso lo sport, il senso di isolamento.
Grazie alla disponibilità del Calcio Catania, le attività si svolgeranno in uno dei centri sportivi più belli d’Italia: Torre del Grifo, in cui si allena la prima squadra ed il settore giovanile. Un modo concreto per consentire ai partecipanti e allo staff di vivere nel migliore dei modi un’esperienza unica.
Primo fra tutti, a prendere la parola è stato il Responsabile del settore giovanile del Catania, Alessandro Failla: “Il Calcio Catania è onorato di contribuire a questa nobile iniziativa. In un calcio che in questo preciso momento storico è pieno di falle e inghippi, in cui ognuno pensa al proprio tornaconto personale o al semplice risultato sul campo, i veri vincitori sono coloro i quali si spendono per causa così importanti. Quindi ringrazio le persone oggi presenti perchè è grazie a loro che si è creata una bella occasione “per aiutare il prossimo” come questa.”
Per quanto riguarda l’AIC, Fabio Poli, il segretario generale, ha ribadito l’importanza dello sport in progetti come questi: “L’aspetto più importante di questa iniziativa è e dev’essere il terreno gioco, poichè il campo da calcio è il luogo sul quale abbiamo deciso di parlare tutti la stessa lingua, è il “luogo comune” migliore che possiamo trovare in un appuntamento come questo, dove siamo tutti insieme e facciamo tutti parte della stessa comunità.
Tuttavia, per quanto mi riguarda sono doverosi alcuni ringraziamenti: al Calcio Catania, a Pietro Lo Monaco e ad Angelo Scaltriti in particolare perchè rappresentano sempre la società e hanno fatto si che si creasse questa splendita opportunità. Per noi stare in un centro così bello è un onore e un piacere e questo lo si è visto negli occhi dei ragazzi oggi in campo. Grazie al tempo che ci state dedicando.
Ai ragazzi invece dico: sentitevi protagonisti perchè questa settimana è organizzata per voi, ma sentitevi anche responsabili, per l’opportunità che vi è stata data e per l’occasione che avete per stare insieme. Questa esperienza sarà un veicolo importante per la vostra crescita come ragazzi, e per la nostra crescita come uomini, per scambiarci ed imparare entrambi qualcosa di importante.”
A dar voce all’UNICEF, sono state invece Carmela Pace, vicepresidente di UNICEF Italia, e Chiara Ricci, responsabile dell’area volontari e programmi dell’UNICEF Italia.
La prima ha così parlato: “Essere qui oggi è molto importante. Come UNICEF un’iniziativa di beneficenza come questa è fondamentale. Il nostro obiettivo è far capire a questi ragazzi ma a tutti in generale il peso dei loro diritti fondamentale, fra cui, in questo caso, quello che potremmo definire il “diritto allo sport”. Per noi loro sono tutti uguali, devono avere le stesse opportuinità, gli stessi onori e oneri, e un’occasione come questa ci permette di far conoscere a tutti la loro situazione.”
Chiara Ricci, invece, si è soffermata maggiormente sulla portata dell’iniziativa in sè: “Il valore di quello che stiamo realizzando, che non è ancora finito ma appena iniziato, lascerà un’impronta importante. Il ruolo dello sport nella vita dei ragazzi ma delle persone in generale è molto importante, poichè ci aiuta a superare tutte barriere, ci rende tutti uguali, e infatti il nostro è un progetto di coinvolgimento e inclusione.
Io ringrazio l’AIC e i tutti i loro operatori per aver creato i presupposti affinchè un’iniziativa come questa prendesse luce e ringrazio anche chi, come stiamo facendo noi oggi, in momento così difficile non solo per il calcio ma per l’Italia in generale, cerca tutti i giorni di tenere viva l’attenzione su queste tematiche.”
La chiosa finale, nonchè quella più attesa, neanche a dirlo, è stata di Simone Perrotta, responsabile dipartimento junior AIC, che ha voluto toccare diversi punti, raccontando anche le sue esperienze personali: “Oggi siamo qui a parlare di opportunità, di sogni, e anch’io nel mio piccolo oggi in campo mi sono permesso di dire qualcosa ai ragazzi: gli ho ricordato che nel momento in cui ci mettiamo gli scarpini e scendiamo in campo per giocare e per divertirti, possiamo lasciarci tutto alle spalle. Non esistono differenze nè barriere, e anche loro possono avere la stessa opportunità che hanno tutti i bambini e i ragazzi che giocano a pallone sperando di diventare professionisti. Anch’io ho avuto questo sogno, questa speranza, e ho avuto la fortuna di avere una carriera piena di successi. Una carriera che mi ha dato la possibilità di conoscere e giocare con tanti calciatori di altri paesi, e che mi ha dato l’opportunità di avere tanti momenti di incontro, condivisione e di crescita personale e culturale.
Quello che oggi è importante, e che è il nostro obiettivo, è la sensibilizzazione nei confronti di questo tema. A volte purtroppo leggiamo e sentiamo di genitori che litigano nelle tribune per le partite giovanili dei loro figli, senza rendersi conto che così facendo non fanno altro che fare un danno a quest’ultimi. Ed è per questo motivo che poi uno dei tanti problemi nel calcio sono proprio le aspettative. Molti adulti vedono il figlio giocare a pallone come un’occasione di riscatto sociale, nell’accezione più negativa e sbagliata possibile del termine. Vedono questo mestiere e questa vita come l’occasione per pretendere dai loro figli quello che loro non hanno o avrebbero voluto avere. E i figli poi tutta questa pressione la sentono addosso e pensano che basti giocare e farsi trascinare dai genitori e da chi gli sta attorno per raggiungere certi livelli. Magari molti arrivano anche a pensare che tutto ciò sia “dovuto”, senza capire la cosa più importante, e che i loro genitori non gli insegnano, ovvero che nella vita niente è dovuto, che nella vita senza sacrifici, senza sudore e tanto impegno non si va da nessuna parte, non solo nello sport, ma nella vita in generale.
Io ai miei ragazzi (parla dei suoi figli e dei ragazzi dell’associazione) cerco di far capire l’importanza di crescere attraverso lo sport, attraverso gli insegnamenti che anche uno spogliatoio e un gruppo possono darti, perchè io per primo è grazie a questa “palestra” che sono diventato uomo. Oggi purtroppo ci sono molte distrazioni, e molte realtà, una fra tutte i social, di cui io fortunatamente non faccio parte (ride, ndr) perchè cerco di pensare a veicolare la mia immagine per qualcosa di positivo. E anche i ragazzi dovrebbero capire questo. Dovrebbero capire il danno che può fare una foto sbagliata, una parola fuori posto e via dicendo. E i primi poi a pagarne le conseguenze sono loro stessi.”
Alla conferenza hanno preso parola e raccontanto la loro storia anche il giovane Ibrahim Escu, talentino della primavera rossoazzurra, e il più noto Kalifa Manneh, ala sinistra della prima squadra.
Escu: “Io ho 17 anni e vengo dal Gambia. Ho lasciato il mio paese a 12 anni andando in Senegal per fare un provino, inseguendo il mio sogno che era ed è quello di fare il calciatore. Poi quando sono arrivato in Italia all’inizio non è stato facile avere tante opportunità perchè essendo extracomunitario non potevo neanche giocare in modo regolare, ma per fortuna poi una famiglia italiana mi ha adottato e da quel momento ho potuto continuare a crescere e credere in me stesso per gli obiettivi che mi sono prefissato. Adesso qui a Catania sto benissimo, anche grazie ai consigli e all’aiuto che mi dà il direttore (Failla, ndr) e spero di potermi affermare come calciatore.”
Manneh: “Io ho 20 anni e anch’io vengo dal Gambia. Le difficoltà iniziali le ho dovute affrontare pure io, soprattutto all’inizio, per potere giocare da professionista qui a Catania ho dovuto aspettare tre anni. Tuttavia io ho aspettato, ho avuto pazienza e ho perseverato finchè il mio momento non è arrivato, ed oggi sono felice di essere un giocatore professionista in una grande società come quella del Calcio Catania. A voi fratelli quindi dico di fare lo stesso: impegnatevi e abbiate pazienza e vedrete che col tempo potrete avere anche voi la vostra opportunità.”
Marcello Mazzari