A DIEGO
Pelota incollata al mancino che sprigiona l’irreale, scarta la prima nuvola, poi la seconda, infine la terza e via, dritto dritto in cima al Paradiso!
Ce lo immaginiamo così, Diego.
Ad incantare, a lasciare tutti di stucco anche di là.
Perché lui non è morto, nient’affatto. Ha soltanto cambiato palcoscenico su cui esibirsi ed ammaliare chi lo guarda dalla platea celestiale con incredula meraviglia.
Evidentemente, lassù si stavano annoiando abbastanza. Avevano bisogno di estro, fantasia, emozioni. E, forse, anche di quella geniale follia con cui ha fatto letteralmente impazzire noi, miseri terrestri, per buona parte dei suoi sessant’anni. Sia nel bene, che nel male. Ma banale no, quello mai. Partito dal niente, divenuto tutto. Di tutti, per tutti. Uomini, donne, bimbi sognatori e nonni narratori: conosciuto e riconosciuto, amato e venerato da chiunque nell’immediatezza fuggente dell’attimo proferisca il nome MARADONA.
L’Onnipotente ha voluto richiamare a sé il proprio giocoliere prediletto e talvolta birichino. Talmente furbo e lesto da portar via la mano divina in un batter d’occhio per donare gioia al popolo fedele; così intelligente e superiore da poter fare anche tutto da solo, “aquilone cosmico” sospinto da infinito talento y magia.
No, pallone, non piangere.
Tieni un fazzoletto, calmati, asciuga le lacrime di atroce sofferenza. Respira profondo, gonfia di nuovo il tuo cuoio e sorridi.
Diego non se ne andrà mai.
Diego vivrà sempre in te e in tutti i coloro i quali ti osserveranno svolazzare sul tappeto verde alla ricerca della felicità.
Fino alla fine dei giorni.
AD10S, D10S.
Daniele D’Alessandro