L’ELEGANZA DI RIGOLI: UNA REGOLA DI LO MONACO
Sono due le definizioni di “perfezionista” che descrivono meglio il caso: “Chi, nell’ambito della propria attività o del proprio lavoro, ricerca, talvolta in maniera eccessivamente pedante, la perfezione; Sofferente di perfezionismo.” Soprattutto la seconda è un chiaro manifesto di ciò che Pietro Lo Monaco rappresenta, ossia un uomo, prima che un professionista, attento al minimo dettaglio. Sono tanti gli esempi che potremmo fare, dalla sua maniacale e personalissima scelta di ogni singolo giocatore della rosa al rapporto con la stampa. Il dirigente campano prende tutte le decisioni, più o meno importanti, ma il suo carisma dirompente non si ferma, anzi, si propaga per osmosi verso chiunque gli stia attorno.
Così non solo l’AD del Catania, ma tutti i componenti della società sono costretti a seguire regole rigide, quasi di bon ton, allenatore compreso. Chi ha subito maggiormente il fascino del dirigente di Torre Annunziata è infatti Pino Rigoli, esteta del 4-3-3, appassionato motivatore, ma mai uomo copertina fino ad oggi. È palese il mutamento che l’allenatore siciliano ha affrontato in questi mesi: dalla tuta d’allenamento dell’Akragas, al rigoroso vestito scuro brandizzato appositamente per i componenti dello staff tecnico. Sono dettagli che raccontano una storia, quella di Lo Monaco, che ha distinto la sua amministrazione dalle altre precedenti e successive: la tuta acetata di Pancaro, il golfino di Moriero, sono outfit di tutto rispetto che non influiscono sul campo, lontani però dalla mentalità rigida e perfezionista del direttore.
Servirà molto di più che regole estetiche e non vi è dubbio che anche il mondo del calcio è soggetto al detto che “l’abito non fa il monaco”. Ma una cosa è certa: se hai da fare con Lo Monaco, allora prepara l’abito. Chiedere per credere ad un certo Diego Pablo Simeone, mandato a cambiarsi per essersi presentato in pantaloncini ad un colloquio.
Carlo Maria Castiglione
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