In ricordo del “Presidentissimo”
Sono passati esattamente 19 anni da quel tragico pomeriggio di Marzo che ha visto togliere la vita al “Presidentissimo” rossoazzurro, a causa di un fatale incidente d’auto nel tratto tra Scillato e Tre Monzelli, sulla Catania-Palermo. È morto lavorando per il suo Catania. Il cavaliere Angelo Massimino, infatti, si era recato in mattinata a Palermo per adempiere ad alcune faccende legate alla società di cui era orgogliosamente presidente.
Spontaneità, irriverenza, coraggio e onestà: sono questi i sani principi e criteri con cui mandava avanti una società, e un’intera città, contro i potenti del calcio e delle istituzioni che hanno cercato in tutti i modi di mettere i bastoni tra le ruote ad un personaggio considerato un po’ troppo scomodo per gli interessi della Lega. Ma una persona con la sua integrità morale è difficilmente attaccabile sul piano umano e professionale, e dopo che fu costretto a dimettersi dalla presidenza del Catania, considerato il fatto che la società non navigava in acque sicure, ritornò come un salvatore della patria per evitare il fallimento: ci riuscì nel 1992, ma nel 1993 la società rossazzurra fu esclusa dal proprio campionato di appartenenza per un ritardo nel pagamento di una fidejussione.
La battaglia giudiziaria che seguì, passata alla storia come il secondo caso Catania, lo portò a ottenere l’ammissione della società in Eccellenza (il secondo livello dei campionati dilettantistici). Iniziò la nuova scalata verso la A con due promozioni consecutive. Con le vittorie e con i suoi modi di fare, il “Presidentissimo” è entrato di diritto nel cuore di tutti quei catanesi che si rispecchiano nella vera “catanesità”, e lui si immedesimava perfettamente.
Massimino, con la sua morte, è riuscito anche a spezzare l’astio e a congiungere l’affetto dei siciliani; il giorno della camera ardente ,infatti, i capi ultras del Palermo e del Catania, si trovarono uno a fianco all’altro, abbracciati e sconsolati a piangere la sua scomparsa. Grande esempio di civiltà e umanità. Se ne era andato un simbolo di sportività e sicilianità che non conosceva confini. Era riuscito anche in questo, e come disse in una citazione a lui attribuita”A questo mondo c’è chi può e chi non può. Io può”. Niente di più vero.
In un calcio che non ha più padroni, regolato,e sgonfiato, dal dio denaro, figure come Angelo Massimino spiccavano per la propria capacità di fare, per l’intelletto e per l’amore incondizionato nei confronti della città, che tanto gli ha offerto; e come ricorda Pietro Anastasi, “Se n’è andato uno vero, uno che ha pagato, uno con la passione dentro. Altro che i dirigenti attuali, gente di plastica”.
Dario Marchese