C’eravamo tanto amati
Mattinata calda, caldissima, anzi bollente al Tribunale di Catania. Quest’oggi, infatti, Antonino Pulvirenti, Pablo Cosentino e Gianluca Impellizzeri si sono sottoposti agli interrogatori dopo lo scandalo calcio-scommesse scoppiato nella giornata di martedì scorso. E se l’ultimo si è avvalso della facoltà di non rispondere, gli altri due, invece, hanno parlato e come.
Pablo Cosentino decide di chiudere, per sempre, quel rapporto nato nel giugno 2013 che lo vedeva come “braccio destro” del presidente Pulvirenti, anzi, ex presidente ormai. L’argentino, infatti, dichiara di essere estraneo ai fatti, spiegando che se avesse provato a corrompere qualcuno, avrebbe in tal modo riconosciuto il proprio fallimento come amministratore delegato. Aggiunge inoltre che, nel caso sia tutto vero, allora Pulvirenti è stato un folle nel commettere tutti i reati per i quali adesso è indagato. In ultima battuta, afferma che il suo futuro sarà lontano da Catania, probabilmente nel suo Paese, l’Argentina.
Cosentino così si dimette ufficialmente dalla sua carica come amministratore delegato del Catania e, quando esce dall’aula per recarsi al di fuori del Tribunale, incontra nei corridoi Antonino Pulvirenti.
I due non si guardano neanche, tirano dritto per la loro strada senza scambiarsi neppure il minimo cenno. Finisce così un amore durato due anni che, vergognosamente, ha portato il Catania sull’orlo del baratro.
Tocca a Pulvirenti, allora, sottoporsi alle domande del giudice. Dalle sue parole trapela l’insicurezza di un uomo (se ancora si può definire tale) che perde la testa e decide di fare l’impensabile. Pulvirenti, infatti, dichiara di avere iniziato le combine a causa di una pressione ambientale che era diventata insostenibile. Inoltre, si definisce vittima del “pipi” Delli Carri, sostenendo di essere stato addirittura truffato dall’ormai ex ds rossazzurro. Afferma, infine, di aver comprato solamente cinque partite e di aver speso 100 mila euro per truccare ciascuna di esse, senza però aver mai scommesso su di esse.
Finisce così, dunque, la collaborazione di Pulvirenti e Cosentino di questi due anni. L’ultimo dei due, Pablo, dipinto da tutti come l’uomo nero, si è trascinato Pulvirenti in una gestione incompetente e scellerata nel palese silenzio di una presunzione che, come esiti, ha avuto solamente quelli di retrocedere in Serie B e di salvare la stessa serie attraverso una serie di reati, infimi e sleali.
Ma soprattutto finisce così il Catania di Pulvirenti, con quest’ultimo che, prima di recarsi in Tribunale, consegna alle autorità la licenza dello Stadio Angelo Massimino, una traditio che ha un valore simbolico molto indicativo della fine di un’era.
C’eravamo tanto amati col presidente che, per numeri, aveva fatto meglio di tutti nella storia del Catania. Ma poi Nino ha perso la testa e, così facendo, ha distrutto un impero.
Adesso il pensiero, invece, va a questa squadra, simbolo di una città sempre più in ginocchio a causa di problemi politico-sociali che attanagliano la vita cittadina catanese. Il Catania è da sempre un mezzo di integrazione fra la gente, fonte di guadagni economici da non sottovalutare per la città, realtà meravigliosa che ha fatto sempre sognare i suoi tifosi. Non abbandonatelo, non permetteteci di dire che c’eravamo tanto amati anche con il nostro vero amore.
Federico Fasone
Tags amatiCataniaCosentinodelli carrifallimentoimpellizzeriPulvirentiserie btanto
- Previous Caso Catania, parla Pantanelli:”Un fulmine a ciel sereno”
- Next Un gol per un sorriso, in mezzo a tanto caos