GUARDA MATTIA, COM’È GRANDE PAPÀ

Basta un solo istante per fermarsi a pensare. Uno scatto semplice, veloce quanto un attimo, ma che sa come riempire il cuore di chi osserva. Sono seduti lì, padre e figlio, l’uno accanto all’altro, perché ormai trascorrono tutto il tempo insieme, ma stavolta lo fanno in un posto assai particolare. È la panchina del “Massimino”, quello stadio che rappresenta la seconda casa di Marco da moltissimo tempo. Mattia è tanto piccolo, ma già conosce bene quel luogo. Ci era già entrato qualche volta in precedenza, prima preso in braccio, poi tenendo stretta la mano del suo eroe, rigorosamente vestito di rosso e di azzurro, neanche a specificarlo ovviamente. Adesso invece stanno lì, a guardare assieme il mondo di Marco, il suo grande papà che non smette nemmeno un secondo di credere nel futuro.

Lui la storia l’ha già scritta, perché Marco ne ha vissute tante qui a Catania negli anni. È cresciuto giorno dopo giorno, come calciatore e come uomo, imparando ad essere punto di riferimento di un’intera squadra, apprendendo la forza di un vulcano che spicca per imponenza. All’inizio poche persone, forse addirittura nessuna, avrebbero potuto credere che la sua storia col Catania potesse durare così a lungo, rivelarsi talmente intensa, mostrarsi dannatamente vera. La Serie A per lui era solo una lettera, perché ha saputo incarnare lo spirito combattivo degli etnei anche in C, quando ha deciso di tornare per essere definitivamente il loro capitano. Qui la gente desidera vincere, ma ancor di più pretende che la maglia sia sudata, onorata, innalzata con impegno, costanza e dedizione, mettendo il fiato in ogni movimento, la grinta in ogni contrasto, il cuore in ogni partita. E la gente giusta e genuina, quella che davvero ama i colori rossazzurri e che li sostiene nonostante tutto, ha compreso fino in fondo le intenzioni di questo ragazzo, decidendo di legarsi indissolubilmente al suo capitano.

Quando scende in campo, Marco rappresenta la città rossazzurra. Bisogna sempre soffermarsi sullo sguardo di un calciatore prima del fischio d’inizio di una partita, perché è soltanto quello l’istante in cui si può carpire l’essenza dell’uomo che indossa quella maglia. Sono due personalità che dovrebbero camminare di pari passo, ma è qualcosa che purtroppo nel calcio non sempre capita. Eppure Marco è riuscito in quest’intento, perché la piazza adesso s’identifica in lui.

27 maggio 2007. Notare bene: il 2 e il 7 che si ripetono in una data e poi si congiungono per sempre sulla schiena di un ragazzino che col lavoro ed il sacrificio diventerà capitano dopo qualche anno. Il suo primo sguardo visibile verso quei colori appariva già chiaro. Sicuramente ne era inconsapevole, ma Marco già sentiva dentro di sé un attaccamento che solamente più tardi si sarebbe trasformato in autentica appartenenza, una volta avvenuta la definitiva consacrazione.

Qualcuno, ma probabilmente nessuno, potrebbe anche contestare queste parole soltanto prendendo visione della sua carriera, perché Marco purtroppo per un periodo non c’è più stato e ha dovuto lottare per altri colori. Solo che spesso le apparenze ingannano e si camuffano in realtà contrarie alla logica delle cose: il suo biglietto parlava chiaro, faceva energicamente trasparire il profondo dispiacere per un allontanamento forzato che nemmeno lui avrebbe voluto. Così non ha smesso di credere nel futuro e ha finalmente potuto riabbracciare quei colori che l’hanno reso ciò che è adesso. Da quando è tornato, infatti, il Catania ha ritrovato il condottiero di cui era rimasto orfano per troppo tempo, accompagnandolo, ma anche facendosi trasportare da lui stesso, verso il finale di carriera.

Adesso è il momento di riavvolgere il nastro e ripartire dall’inizio. C’è Marco che cinge con un braccio il piccolo Mattia e nel frattempo indica tutto ciò che rappresenta il suo mondo. Il bimbo si fa coccolare dall’affetto paterno, assume uno sguardo curioso, mira e osserva tutto ciò che gli viene indicato mentre ascolta le parole del babbo. Probabilmente non avrà ancora consapevolezza di quanto grande sia diventato il papà nel lavoro che fa, ma ha già modo di vederlo coi suoi occhi, così come potrà ricordarlo quando sarà cresciuto anche lui.

Adesso è un nuovo inizio, perché Marco è tornato ad allenarsi con i compagni e molto presto potrà di nuovo scendere in campo, indossare la fascia al braccio e condurre il Catania verso la vittoria. È stato un periodo bruttissimo, fatto di rabbia, tristezza ed apparente oblio, mentre la paura di non poter ottenere il finale che merita una carriera così emblematica rischiava di sgretolare la sua storia in pochissimi giorni. Ma il buonsenso ha prevalso, spinto da quell’amore che circonda Marco e il Catania. Lo stesso, soltanto incanalato diversamente, che lui prova per Mattia, Marta Zoe e Martina.

Un capitano non perde mai la speranza e ci crede fino al 90′, perché la sua squadra ha bisogno che lui non si arrenda mai. Allora guarda Mattia, com’è diventato grande papà nella sua carriera: non ha mai smesso di credere nel futuro e adesso tornerà a vincere col Catania. Da immenso capitano difenderà ancora i colori di questa squadra, continuando a rappresentare la comunità che la sostiene. E se tu non sei ancora in grado di comprenderlo, mica ti devi preoccupare: ci sarà la storia a raccontarti chi sia il tuo babbo.

Federico Fasone

 

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