70 ANNI DI STORIA: 28 MAGGIO 2006, A MANO A MANO VERSO IL PARADISO
“Eccola lì, sì…Sì! È finita, è finita! CATANIA S’È DESTA! È SERIE A!”. A rimembrare queste urla di gioia lanciate dal mitico duo Patanè-Busetta in cabina di commento, un brivido rapido e dolce sale lungo la schena di tutti i tifosi rossazzurri. Impossibile dimenticare. Ricordo indelebile, romantico. Scolpito nella mente e nell’animo di chi vive quotidianamente per la squadra dell’Elefante. Da dieci anni a questa parte, il 28 Maggio è segnato in rosso sul calendario. Secondo solo ai meravigliosi giorni d’inizio febbraio dedicati a ‘Sant’Aituzza‘, per legare armoniosamente il sacro ed il profano. Il 28 Maggio del 2006, infatti, il Catania tornava ufficialmente tra i grandi. “Destinazione Paradiso”, per dirla alla Grignani. Nuovamente protagonista sul palcoscenico più affascinante, più ambito, per qualunque società calchi i campi da gioco del football italiano: la Serie A.
La cavalcata della formazione guidata da Marino fu semplicemente straordinaria. A dir poco esaltante. Merito di una macchina pressochè perfetta, capace di abbinare, in un mix esplosivo, il bel gioco alla continuità di rendimento. Cuore, grinta e fantasia. Ecco il segreto di quella formidabile squadra. Capitan Pantanelli a dirigere il muro difensivo, Baiocco, Biso e Caserta dominatori incontrastati in mediana e poi… Beh, poi era soltanto calcio spettacolo. Mascara&De Zerbi poeti illuminati in movimento, Spinesi serial killer dell’area di rigore. Praticamente imbattibili. O quasi. Perchè qualche ceffone – ovviamente di salute -arrivò comunque. Come il 3-0 di Mantova, sconfitta pesantissima che indusse il buon Pasquale da Marsala al cambio decisivo, con il passaggio dal 3-4-3 iniziale alla retroguardia a quattro.
Da lì a seguire, soltanto trionfi. Da Rimini al Catanzaro, 6 vittorie consecutive in pieno girone d’andata e la consapevolezza di essere grandi. Poi, la consacrazione. Prima l’exploit di Bergamo contro l‘Atalanta, successo fondamentale che consentì al Catania di agguantare la vetta della classifica. Proprio sotto i festeggiamenti per la Patrona, come fosse un segno del destino. Successivamente, nella bolgia del vecchio ‘Cibali’, la rivincita servita da un mostruoso ‘Topolinik’ agli uomini di Mimmo Di Carlo (che regalerà altre emozioni qualche stagione più tardi n.d.r).
Uno sgradevole rullo di Tamburi(ni) scosse tutti in quel di Modena. Ormai, però, era fatta. 28 Maggio 2006, stadio “Angelo Massimino”. Il Catania, l’Albinoleffe e la storia. 30 mila figli del vulcano erano lì, uno al fianco dell’altro. Anziani, adulti, ragazzi, donne, piccini. Non mancava nessuno. Nonostante un caldo da morire, con le pompe refrigeranti a bordocampo beffardamente funzionanti ad intermittenza. Chiunque, tuttavia, aveva occhi soltanto per quel manto erboso: lì, in palio, c’era la gloria. Al 14′, la frustata di testa firmata dal solito 24 etneo faceva esplodere la torcida roja y azul. Sul finire della primo tempo, invece, l’inattesa doccia gelata con l’1-1 ospite siglato da Nello Russo. “No, non può finire così”, il pensiero timoroso ricorrente all’intervallo tra curve e tribune. E infatti… Al 56′, ecco la svolta: scucchiaiata di Caserta verso la porta avversaria, Del Core ci crede e in spaccata anticipa il portiere lombardo.
La sfera ci mise un’eternità ad entrare. In quegli infiniti secondi, il pensiero volò subito a ciò che era stato, a quel recente passato con cui si sarebbe voluto fare a cazzotti. L’ingiustizia del ‘Palazzo’ e la radiazione nel 1993, la morte dell’amato ‘Presidentissimo’, le battaglie in quei campi abbandonati e polverosi delle categorie inferiori. Il lento rotolare della palla oltre la linea segnò la rinascita di Catania e del Catania. 23 anni dopo l’ultima promozione, il gol più bello. 2-1, boato assordante. Pelle d’oca e lacrime. La buffa rincorsa del ‘direttore’ Pietro Lo Monaco al suo numero 11, l’abbraccio emozionante tra Nino Pulvirenti e Orazio Russo al fischio finale. E poi l’invasione di campo, l’impazzare delle trombette, la città addobbata a festa sino all’alba e anche oltre. Tutto straordinariamente bello. Una favola aveva appena avuto inizio. Una fantastica avventura che, per 8 lunghissime stagioni, avrebbe fatto sognare un’intera città…
Daniele D’Alessandro
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