CATANIA, OBBLIGATORIO EVITARE LA FINE DELLA REGGINA

Andrea Pirlo, Shunsuke Nakamura, Mohammed Kallon, Mozart, o anche Rolando Bianchi. Lecitamente, vi starete domandando: cosa c’azzecca quest’accozzaglia di ex giocatori della Reggina col Catania? Centra, eccome se centra. Sì, perchè il percorso seguito negli ultimi anni dalla società rossazzurra sembra rievocare, passo dopo passo, l’epopea di quello che fu il club di Lillo Foti. Come dimenticarsi, infatti, delle stagioni esaltanti della Reggina, tra le realtà più floride del calcio italiano dagli albori del 2000 fino al 2008. Campionati al di sopra delle aspettative, giovani talenti – come i sopracitati – presi a niente e rivenduti a peso d’oro, o anche quella miracolosa impresa firmata dalla band di Walter Mazzarri partendo da -15 dopo i noti fatti di Calciopoli. Una società, quella amaranto, solida, ben organizzata, che faceva delle plusvalenze il suo nettare vitale per progredire, ogni giorno di più, nel calcio che conta. All’improvviso, però, il declino. Violento, inarrestabile. La retrocessione in B nel 2009 fu il primo segnale che quella gloriosa fortezza, messa sù dall’esuberante presidente calabrese, stava via via sgretolandosi, come fosse un castello di sabbia. Di lì a poco, purtroppo, la fine. Qualche annetto a vivacchiare tra cadetteria e Serie C, fino alla morte. Arrivata la scorsa estate, puntuale e spietata come non mai, a causa di milioni e milioni di debiti. Fallimento, addio al nome ‘Reggina’ e ripartenza dai dilettanti con la nuova denominazione ”A.S.D Reggio Calabria”.

Facendo i dovuti scongiuri, questa storia sembra rispecchiare per filo e per segno ciò che è accaduto, e sta accadendo, al Catania. Anni indimenticabili in Serie A, record di punti siglato sotto la gestione Maran, un centro sportivo invidiato da tutti i club d’Europa, compresi quelli più blasonati. E poi i Vargas, i Martinez, i Silvestre. Campioncini prelevati dal Sud America da semi-sconosciuti, cresciuti e accuditi come figli, e infine ceduti, incassando il triplo di quanto era stato investito per portarli alle falde dell’Etna. Tutto ciò, ovviamente, fino alla sciagurata gestione Pulvirenti-Cosentino, vero e proprio punto d’inizio del tragico – sportivamente parlando – tracollo degli etnei. Prima la rovinosa caduta tra i cadetti nel 2014, a seguire i maledetti ”treni del gol” e, infine, la Lega Pro. Proprio come la squadra amaranto, davvero incredibile. Attenzione, il Catania al momento non sta attraversando un momento florido dal punto di vista economico, ma la situazione non può ancora definirsi drammatica, almeno in relazione a ciò che ha causato la dipartita del club calabrese. Il paragone, però, sembra starci tutto, come ribadito d’altronde dallo stesso ds rossazzurro, Marcello Pitino, durante la trasmissione “Game Over” su Telecolor.

Dita incrociate, ferro a portata di mano e sguardo rivolto al futuro. Alla proprietà, nonchè alla società dell’Elefante, il dovere di condurre in salvo la nave, per proteggere quell’inestimabile e prezioso patrimonio rappresentato dalla storia del Calcio Catania.

Daniele D’Alessandro

 

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