CATANIA, FAI RIVIVERE LA NOSTALGIA!
Il catanese, si sa, è un nostalgico e per sua natura, specialmente quando il presente è incerto e lo delude, ama ripescare i ricordi per riviverli. Spiccano, infatti, negli ultimi giorni nelle pagine Facebook di molti supporters rossazzurri, i video delle celebri imprese degli ultimi anni, in particolare quella dello storico 3-1 sull’Inter di Mourinho.
Ma qui non si vuole parlare di trascorsi recenti e nobili, cioè degli ultimi anni di Serie A o Serie B, ma di un passato di rinascita dopo nefaste vicende, un passato di trasferte in campi polverosi e dai più dimenticati. Perché la stagione 1998/1999 in cui il Catania vinse il campionato di Serie C2 è da ricordare non solo come una delle promozioni più belle, ma anche una delle più emblematiche, più vicino alla realtà attuale in cui il Catania milita, e allo stesso tempo in totale antitesi con lo spettacolo a cui assistiamo oggi.
Infatti, non importa dove ci si trova, ciò che rende memorabile una squadra, degli uomini, è la voglia di lottare e di onorare la maglia. Già perché se a quella si aggiunge un pizzico di qualità e, perché no, un tecnico in panchina che sa come aggiudicarsi campionati, si crea un mix vincente difficile da arrestare. Alla guida di quel Catania un certo Piero Cucchi che di squadre dalla Serie C2 alla C1 ne aveva fatte promuovere parecchie: Giarre, Ischia e Juve Stabia. Mentalità vincente per condurre uomini, non solo giocatori si badi bene, che di vincente già avevano il carattere.
Quel Catania, infatti, dopo la prima sconfitta nell’esordio casalingo e un pareggio, già alla terza giornata fuori casa era stato capace di schiantare un Benevento, poi arrivato terzo, in un uno a zero non privo di emozioni. E da lì la compagine rosso azzurra seppe rilanciarsi e prese poi il volo.
Lancio che è avvenuto, come si è detto prima, grazie a giocatori con fame di calcio e che sono esplosi giusto quell’anno: simboli di un centrocampo dalla grande corsa e dalla discreta tecnica sono sicuramente Umberto Brutto (uno dei migliori centrocampisti in Serie C di quella stagione) e un Raffaele Esposito poco più che diciottenne. Accanto a loro il carattere ed il carisma di uno dei difensori che poi per parecchi anni ha accompagnato la compagine rossazzurra anche in palcoscenici più importanti: Gennaro Monaco. Questo senza nemmeno menzionare giocatori come Marziano, fondamentale anche l’anno dopo in C1, o di attaccanti come Passiatore.
E se da un lato al Catania non mancano certo giocatori di qualità (vedasi i vari Pisseri, Marchese, Bergamelli, Biagianti, Russotto, Di Grazia,….), tutt’oggi è assente ancora quella voglia di lottare e di voler essere, non solo sulla carta, migliore degli altri. In altre parole sembra anche mancare da parte dei giocatori la volontà di rilanciare se stessi e la città che rappresentano in categorie superiori, perché si sa il miglioramento del collettivo passa dalla volontà di migliorare del singolo. I rossazzurri, invece, appaiono oggi una squadra lenta, che stenta a mordere le caviglie degli avversari, dominata chissà dalla paura di sbagliare. Il continuo susseguirsi di allenatori, poi, pare gettare ulteriore benzina sul fuoco ardente.
“Nostalgia, nostalgia canaglia” cantava Albano in un celebre duetto con Romina, ma dagli spalti piacerebbe non solo ricordarli con un filo di rimpianto, ma riviverli certi sogni. Ed invece, ancora una volta, per i sogni si dovrà forse aspettare ancora…
Simone Caffi
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