MARIO PETRONE, CORSA E PASSIONE: OLIO SU TELA

“E’ capace di spiccare il volo solo chi osa farlo”. Parole e musica di Luis Sepùlveda, apprezzato scrittore cileno, nel suo “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”.
Aforisma perfetto, inconfutabile. A che serve la paura? A nulla. Sentimento negativo e parassita da scacciare via, prima che subito. Ponderare, riflettere, infine agire. Senza dubbi, senza tentennamenti. Questo il piano da adottare. Nella vita di tutti i giorni, certo, ma anche nel folle mondo del pallone.

Ieri, in riva allo stretto, un uomo ha saputo rischiare. Anzi, ha voluto rischiare. Il suo nome? Mario Petrone. Tratti distintivi? Napoletano verace, classe 1973, “due palle così”. Messina-Catania è stata il suo capolavoro, un’opera d’arte tecnico-tattica firmata da chi, come lui, possiede innatamente una mentalità ben precisa. Vincente, ovviamente. Avete presente quegli allenatori che, una volta rimasti in inferiorità numerica, decidono aprioristicamente di deporre le armi, rinunciando a qualsiasi velleità offensiva in nome di “San Catenaccio”? Ecco, non parlatene mai al tecnico partenopeo. Consiglio spassionato, fidatevi.

Al “Franco Scoglio” il trainer rossazzurro ha praticamente disintegrato il pensiero anticalcistico sopracitato, cimentandosi in una prova di coraggio superata a pieni voti. Fuori Dràusio al pronti-via? Zero attacchi di panico, niente isterismi. Quando chiunque si sarebbe aspettato la sostituzione di un attaccante con un difensore, Petrone ha stupito tutti. Posizionando Russotto da terzino destro, tenendo in campo Tavares e Pozzebon, continuando a predicare ai suoi ragazzi di correre e attaccare l’avversario come se nulla fosse accaduto. Pressare e muoversi in avanti, guai ad indietreggiare. Questione di filosofia, questione di mentalità come dicevamo poc’anzi.

La corsa sfrenata sotto il settore ospiti al gol-vittoria di Barisic, poi, non poteva che riportare alla mente scene già viste. Dèjà-vu splendidi, romantici soprattutto. Proprio sei anni fa, in un tempestoso pomeriggio al “Massimino”, un certo Diego Pablo Simeone s’involava indemoniato verso la Nord dopo la bomba sotto l’incrocio di Llama contro la Sampdoria, rete decisiva ai fini dell’ennesima salvezza della squadra dell’Elefante. Lo stesso “Cholo” che, qualche settimana più tardi, entrò in campo ed urlò di gioia al cielo di Torino dopo il gioiellino last-minute di Francesco Lodi che permise di agguantare sul 2-2 la Juventus all’Olimpico. Per non parlare, sempre a proposito di “Giganti” del football, del memorabile Josè Mourinho in quel di Old Trafford, con lo “Special One” che perse totalmente ogni freno inibitorio dopo il pareggio qualificazione di Costinha in un Manchester United-Porto che lanciò i “Dragones” alla conquista della Champions League.

Petrone come Simeone e Mou quindi? Occhio, nessun paragone per carità. L’idea di fondo, però, è quella: giocare per vincere. Stop. Perchè chi non risica, non rosica; perchè la fortuna, prima o poi, premia sempre gli audaci.

La “gabbianella” Catania, un tempo mutilata, grazie al suo ‘gatto’ in panchina non ha più paura di volare. Capace di sbattere le ali e issarsi sempre più sù, anche lontana dal proprio nido di casa.
Questa è la prima, grande, vittoria firmata Mario Petrone. La storia del campionato riparte da qui. To be continued…

Daniele D’Alessandro

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